Ganz
Attraverso un foro
Progetto di tesi magistrale
Incredibile da credere, ma con pochi strumenti rudimentali si possono creare delle fotografie sorprendenti: è necessario avere una scatola ermetica con un piccolo foro e un pezzo di carta fotografica per ottenere un’immagine stenopeica. La stenoscopia è un procedimento fotografico che sfrutta il principio della camera oscura: sulla fotocamera al posto dell’obiettivo viene praticato un piccolo foro capace di catturare la luce creando un’immagine.
Questo è il metodo per ottenere la riproduzione più precisa e prospettica della realtà, risalente al 1400 quando i grandi pittori paesaggisti utilizzavano il piccolo foro per proiettare sulla parete opposta di una stanza l’immagine presente all’esterno, per poi tracciarla con la matita. Questo processo fisico, già conosciuto dagli arabi nel Medioevo e accennato anche da Aristotele, fu il punto di partenza per lo sviluppo della riproduzione delle immagini, fino ad arrivare alla nascita della fotografia, agli inizi del XIX secolo, quando venne scoperto come fissare le immagini e quindi mantenerle nel tempo.
Il primo però a creare la prima vera e propria fotografia stenopeica fu lo scienziato Sir David Brewster, il quale diede il nome a questo procedimento nel suo libro The Stereoscope pubblicato nel 1850.
Ma come mai nel 2023 ha ancora senso fotografare con questo rudimentale procedimento?
La fotografia stenopeica ci allontana completamente dal modo di fare fotografia di oggi: ci riappropriamo delle nostre sensazioni, impariamo di nuovo a guardare, a vedere ed ad apprezzare con maggiore consapevolezza i risultati ottenuti. La differenza sostanziale con la fotografia odierna è il modo con il quale ci approcciamo al soggetto da riprendere e soprattutto il rapporto con il tempo: il tempo che dobbiamo attendere per vedere la fotografia, non c’è mirino, non c’è schermo, niente di niente, dobbiamo solamente attendere il risultato immaginato che potrebbe arrivare anche dopo qualche settimana dal posizionamento della nostra piccola scatola fotografica. È tutto semplice, pochi strumenti ma risultati magici e inaspettati che possono anche variare a seconda del tempo atmosferico.
Il mio approfondimento si concentra proprio su questa tecnica, scattare delle fotografie con queste piccole scatole stenopeiche per raccontare il parco di Albino Mottes, un affascinante e romantico parco in provincia di Vicenza, sconosciuto a molti, nato nel 1992, costruito interamente dal Signor Mottes nel giardino di casa sua e aperto al pubblico, arricchito da fontane, un laghetto, sculture e attrezzi di un tempo, tutto frutto della sua mente.
Le motivazioni che mi hanno spinto ad approfondire tale tema hanno una duplice natura: da una parte l’interesse nei confronti della fotografia e in particolare l’esigenza personale di sperimentare e mettermi alla prova con una tecnica che prima d’ora non avevo mai utilizzato, dall’altra parte la volontà di raccontare e far conoscere il meraviglioso Parco del Signor Albino.
Il progetto mi ha, così, permesso di sperimentare con il foro stenopeico realizzando fotografie da zero, costruendo la macchina fotografica, scattando e sviluppando il tutto. Inoltre scattare le fotografie all’interno del parco del Signor Albino mi ha dato la possibilità di mostrare e raccontare questo incredibile e unico parco, poco conosciuto, sfidando me stessa, entrando in un mondo, ovvero quello della fotografia stenopeica, che prima d’ora mi sembrava quasi impossibile.
Per questo lavoro, per la parte teorica mi sono servita di libri, siti online, video reperiti in internet; per quanto riguarda le fotografie ho costruito le scatole stenopeiche con l’aiuto di mio papà, una metà delle fotografie le ho sviluppate in camera oscura, quelle, invece, lasciate nel parco per settimane le ho digitalizzate.
Il testo è articolato in tre sezioni, la prima parte storica dove si ripercorre la storia della fotografia con un approfondimento sulla storia del foro stenopeico; la seconda parte tecnica dove si sviluppa la costruzione e l’uso della fotocamera stenopeica; la terza parte sperimentale dove si raccontano nel dettaglio le difficoltà incontrate e le scoperte fatte sperimentando la tecnica stenopeica (come ad esempio la solarigrafia); infine la parte visiva accompagnata dalle fotografie realizzate nel parco.